Aperitivo?

(parte seconda)

Se permettete, vorrei riprendere la mia riflessione.

Capire oggi se l’aperitivo sia una moda passeggera o meno, a mio avviso, può risultare piuttosto difficile, e, soprattutto, non rappresenta la questione centrale. Come sempre, quando un dubbio attanaglia la mente, l’unica soluzione è rifarsi a chi sa più di noi: il Sacro Calibro ci ha sempre guidato alla luce di un motto: “Cibi optimi sumus sine pecuniam profundere”.
Solitamente è possibile ‘fare l’aperitivo’ con una cifra media che si aggira tra i 6 e gli 8 euro: pertanto considerata la possibilità di mangiare attingendo direttamente dal buffet, dovremmo concludere che questo rappresenti forse la soluzione ideale dal punto di vista del ‘vil denaro’.
Ma un’analisi corretta obbliga a leggere quel ‘sine pecuniam’ alla luce del precedente ‘optimi’ giacchè senza esso dovremmo considerare qualsiasi offerta a basso costo ‘necessariamente’ appagante.

Perché, mi domando, riempirsi lo stomaco di tartine, bevendo un mojito? Perché svilire un ottimo bicchiere di vino, imbarazzandolo con salsine che ne mortificano i profumi e le qualità? Come può un multicolore analcolico alla frutta accompagnarsi ad un piatto di pasta fredda?

Purtroppo in tali situazioni le regole basilari della buona tavola vengono prese, stravolte, ridotte a brandelli. Forse il vino in sé potrebbe andare. Forse questa tartina non sarebbe tanto male. Forse quella pasta fredda potrebbe essere gustosa. Ma è l’insieme che stona, perché in questa orgia indistinta di sapori nessuno si sofferma sulla qualità del cibo, o meglio, decide di non soffermarsi su di esso come sarebbe giusto, cercando di capire se i prodotti siano freschi, se le salse siano state realizzate nel modo corretto, se quel vino sia stato servito alla giusta temperatura o no.

Un Tagliapietre non può certamente accettare che un ambiente ben curato sia più importante di ciò che mangia!

Ma esistono locali nei quali valga la pena ‘fare l’aperitivo’?


(Fine parte seconda – continua)